La retorica, l'oltraggio, la speranza
Ancora sul 25 aprile a Monza
Umberto De Pace
Per la prima volta nella mia vita, ho partecipato a una celebrazione ufficiale per la festa della Liberazione. Non perché, fino a ieri, non ne condividessi i principi, ma piuttosto perché non amo, in generale, le celebrazioni, sempre così ingessate, retoriche e, tutto sommato, tristi. L'antifascismo, d'altronde, per me è un dato acquisito, che non ha bisogno di essere ostentato o celebrato salvo che non necessiti - ma fa parte di un bagaglio culturale, storico, costituzionale. La celebrazione in sé non ha fatto che confermare le mie convinzioni pregresse. Ma ciò che più mi ha colpito, in realtà, è stata la celebrazione immediatamente successiva, quella organizzata dalla destra radicale brianzola, a cui ho assistito, rinunciando ad andare al comizio che si teneva all'Arengario. Su di essa, già altri hanno scritto su questo giornale e quindi non mi dilungo. Vorrei solo esprimere, al riguardo, il mio pensiero. Che un manipolo di nostalgici, fuori dal tempo e dalla storia, celebrino o manifestino il loro pensiero, passi. Come loro è certo ci sarà chi piange le sorti dello stalinismo, chi inscena rituali per la monarchia defunta, chi rimpiange i tempi andati e così via. C'è posto per tutti. Una virtù della democrazia matura e consapevole è la tolleranza. Permettere però, che tali manifestazioni, avvengano lo stesso giorno in cui si celebra la festa della Liberazione dal nazifascismo, è una sorta di suicidio culturale, nonché di beffa delle istituzioni. Se la tolleranza è una virtù, l'accettazione di tali provocazioni perché è di questo che si tratta per una democrazia è segno di ignavia e viltà. Nello specifico, la cosa più triste della vicenda, è vedere dei giovani la maggior parte dei partecipanti intruppati da adulti cattivi maestri (non saprei definirli altrimenti) impegnati a modellarne i comportamenti e le menti, conformemente alla propria ideologia. Gli stessi cattivi maestri che guarda caso ritroviamo in tutte le iniziative ambigue e revisioniste dei questi ultimi anni, con l'aggravante di essere ora, collaboratori stretti degli attuali amministratori della città. Amministratori ai quali spero qualcuno giornalisti, consiglieri comunali, forze politiche, sociali o sindacali voglia chiedere spiegazioni sul come riescano a conciliare tali rapporti, alla luce di quest'ultima celebrazione. Per fortuna, il 25 aprile a Monza, non ha voluto solo dire questo. Leggo dai giornali in questi giorni, che i giovani del centro sociale Foa Boccaccio, hanno voluto festeggiare a loro modo la ricorrenza: un murale gigante, realizzato su un telo appeso ai muri del carcere di Monza. Su di esso in primo piano il viso di Elisa Sala, una delle figure più rappresentative della Resistenza locale, affinché il ricordo del suo sacrificio resti indelebile per una cittadinanza che sta trascurando troppo il patrimonio storico delle proprie vicende partigiane. Queste le loro parole. Difendendo ogni volta la propria specificità, rifiutando maestri buoni o cattivi, di qualsiasi tipo a quel che mi risulta preferendo sperimentare direttamente nuovi percorsi, guardando al futuro, ma con salde radici nel passato, questi giovani, hanno dimostrato in questo caso ma non è la prima volta di essere una ricchezza per la città, una speranza. Che siano almeno in questo caso - esempio e stimolo, per tutti. Auspico quindi che il prossimo 25 aprile non ci sia spazio nella nostra città per chi ne dileggia e ne infama la memoria, e che sia invece una giornata di vera festa non della libertà come qualche ritardatario si affretta a travisare ma della Liberazione dal nazifascismo come in realtà è sempre stata, ed è tuttora. E' grazie a quella Liberazione che noi, tutti, possiamo godere della libertà. Umberto De Pace EVENTUALI COMMENTI lettere@arengario.net Commenti anonimi non saranno pubblicati 7 maggio 2008 |